



FatStudio è orgoglioso di presentare la terza edizione di RAID, i cui obiettivi liberi e sovversivi sono l'esaltazione dell'autorialità, il recupero di territori marginali attraverso la manipolazione artistica e l'agire al di fuori delle dinamiche di mercato. In precedenza, su RAID, gli artisti hanno scandagliato la società attraverso diverse pratiche artistiche, lavorando, come di consueto, entro 6
ore. Se la prima edizione ha affrontato il tema del Lavoro, addentrandosi in un'enorme fabbrica meccanica abbandonata, se nella seconda gli autori hanno ragionato sull'Alimentazione manipolando il primo laboratorio della Pasticceria G.Cova, nella terza edizione FatStudio si è determinato ad approfondire il fragile tema della Scuola. RAID ha quindi preso di mira l'Istituto Pertini di Torino, una struttura comprensiva di scuola primaria e secondaria. L'istituto scolastico è quello di riferimento per l'area Ex MOI, l'ex villaggio olimpico invernale, che, dopo l'abbandono nel 2006, è attualmente occupato da più di mille persone. L'impegno degli insegnanti e le attività collaterali alla scuola si scontrano quotidianamente con problemi di criminalità e non integrazione, mentre il sistema scolastico e culturale italiano deve fare i conti con tagli brutali e dosi massicce di morfina. Il microcosmo torinese e il macrocosmo italiano sono diventati terreni diroccati, spesso sul punto di esplodere. RAID intende trasformare la Scuola nella Fabbrica di Cioccolato dell'educazione, dove insegnanti, ex studenti e artisti collaborano per un giorno, sperando che l'operazione inneschi meccanismi culturali e pedagogici. Lo svolgimento del RAID rimane invariato: 6 ore di azione, in diretta streaming web; al termine, i prodotti artistici saranno offerti sull'altare del tema dell'edizione. Il RAID sarà attivo durante le 6 ore di lezione del 3 novembre. Gli artisti sono liberi di decidere se interagire o meno con studenti e insegnanti. Per chi lo desidera, sono state individuate cinque diverse aree di aggregazione, tra cui 3 palestre, una piscina e l'ampio cortile. Gli artisti che vorranno creare autonomamente saranno sistemati nelle aule vetrate della scuola secondaria. Ai pittori viene chiesto di lavorare alla lavagna, per venderla al termine dell'intervento e devolvere alla scuola l'intero importo raggiunto. La cultura che si autoalimenta.


Un'aula dell'Accademia Albertina di Belle Arti, Torino, Italia, 2017



L'Ufficio degli Oggetti Smarriti – Un Piccolo Ricordo dell'Oblio
Un oggetto rimane davvero un oggetto quando non c’è nessuno a guardarlo? Ciò che mi interessa è che, una volta perduti, gli oggetti sono completamente morti. Da un lato, hanno perso ogni funzione; dall’altro, ogni memoria emotiva. Sono dunque doppiamente morti, pur non essendo del tutto privi di memoria.
Questa riflessione ha preso forma durante una performance realizzata in una vecchia scuola italiana, gran parte della quale era stata abbandonata. In quelle stanze deserte ho trovato tracce di presenze passate: oggetti dimenticati che probabilmente erano appartenuti a studenti. Fragili resti di un quotidiano ordinario, giacevano lì, in silenzio, in attesa di un nuovo sguardo.
Ho iniziato a raccoglierli, a maneggiarli, ad ascoltare ciò che potevano ancora raccontare. Li ho registrati — non solo i suoni che producevano al tatto, allo sfiorarsi, all’urto, ma anche attraverso descrizioni orali che cercavano di catturarne la consistenza, il peso, la loro estraneità. Li ho fotografati, come per fissarne la fugace riapparizione, e li ho persino sigillati sottovuoto — gesto paradossale di conservazione che, nel racchiuderli, li “uccide” una seconda volta.
Un aspetto centrale del mio lavoro consiste nel preservare qualcosa di questi oggetti, nel salvarli dall’oblio attraverso la loro stessa immagine, le loro tracce sonore e visive. Tuttavia, preservare significa anche immobilizzare, congelare: ogni tentativo di salvaguardia comporta immediatamente una forma di morte.
Collezionare e archiviare sono diventate una mia ossessione, come se l’accumulo di oggetti e fotografie potesse in qualche modo contrastare la perdita inesorabile che segna la nostra esperienza del tempo.
Questo progetto si sviluppa quindi come un inventario ibrido — visivo, sonoro e testuale — in cui memoria e oblio si intrecciano intimamente. Perché forse è proprio dando forma all’oblio, rendendolo percepibile, che la memoria trova la possibilità di reinventarsi.







performance, Accademia Albertina di Belle Arti, 3 novembre 2017, Torino, Italia


